La nuova via Idra 2018

Ecco il trecking più lungo del Ticino

Il decreto delle zone di tranquillità per la fauna selvatica, in consultazione fino al primo febbraio, non convince Club alpino e Federazione Alpinistica  Ticinese “una misura incoerente e inadeguata”. Le guide alpine: “non siamo stati coinvolti, chiediamo una proroga al termine di consultazione”.

L’inventario delle zone di tranquillità – visionabile su ti.ch/caccia - è stato messo in consultazione a fine novembre; tutti gli interessati, singoli cittadini, enti, associazioni e gruppi di interesse potranno dire la loro entro il primo febbraio.

Sono 45 le zone di protezione che si vorrebbero allestire in tutto il territorio per un totale di 16'000 ettari; le limitazioni riguardano generalmente, ma non solo, il periodo invernale e primaverile e si estendono a diversi gruppi di interesse: escursionisti, proprietari di cani, arrampicatori, scialpinisti; per il volo a vela è prevista una limitazione in zona Brogoldone; per i canoisti una sul fiume Ticino in territorio di Cresciano. A fare la parte del leone la Bandita federale della Greina (6'000 ettari) e la Bandita federale del Campo Tencia (3'400 ettari) con una protezione integrale annuale che, fra le varie cose, vieta anche l'attività sciatoria fuori dalle strade, dalle piste e dagli itinerari segnalati.

Contrariamente ai Parchi Nazionali, progetti che si sono voluti basare sul consenso popolare, questo decreto, ancorato all’Ordinanza federale sulla caccia, viene imposto ai cittadini dall’alto: ognuno ha la possibilità di dire la sua ma il verdetto finale spetta unicamente al Consiglio di Stato.

“La popolazione è in genere contraria all’introduzione di limitazioni alla libertà di movimento nella natura, lo ha dimostrato il destino dei parchi nazionali progettati in Ticino, e anche quello delle zone di tranquillità che sono state bocciate nei pochi Cantoni che hanno spostato il dibattito a livello parlamentare. Aggirare il verdetto popolare è forse l’unico modo per difendere gli interessi della natura che non può votare e che, alla fine, rappresenta gli interessi di tutti. Nello specifico delle zone di tranquillità bisogna però chiedersi se i provvedimenti adottati siano efficaci e proporzionali agli obbiettivi che si intendono raggiungere; sempre più spesso abbiamo infatti notato che questo tipo di intervento non è fondato su solide basi scientifiche bensì su questioni prettamente ideologiche”- ci dice Philippe Wäger responsabile Ambiente e pianificazione territoriale per il Club alpino svizzero; club che da anni si mobilita garantire il libero accesso alla montagna e una protezione ambientale che sia concreta ed efficace: “chiediamo misure proporzionali al beneficio, interventi unicamente su conflitti concreti, e un monitoraggio sull’effettiva efficacia dei passi intrapresi. Recenti studi hanno infatti evidenziato come l’impatto di escursionismo e scialpinismo sulla fauna potrebbe essere inferiore a quanto fin qui ipotizzato, soprattutto per quanto concerne gli ungulati che tra l’altro in cantone Ticino sono in sovrannumero”.

Secondo Wäger le zone del Campo Tencia e della Greina dovrebbero essere stralciate dal decreto in quanto già protette dalla legge federale. Con l’entrata in vigore dello stesso in queste zone – e in altre delineate nel piano - resterebbero percorribili gli itinerari sci escursionistici segnati sulle carte sciistiche di swisstopo; mentre gli itinerari di racchette non sono stati contemplati. Vien da chiedersi quali importanti benefici trarrà la fauna da queste nuove limitazioni. Ovvero quante persone si avventurano oggi in queste regioni nei mesi invernali al di fuori degli itinerari ufficiali; e anche come, nella neve, si possa avere la certezza di essere negli stessi: “Swisstopo specifica che le linee tracciate sulla carta sono unicamente un’indicazione di direzione. Come tutti gli sci escursionisti ben sanno, infatti, definire il tracciato sulla neve dipenda da diversi fattori come possibilità di orientarsi, sicurezza, pendenza, condizioni della neve, eccetera. Difficile dunque poter rispettare le disposizioni date”, spiega Giovanni Galli, presidente del CAS Ticino. “Lo scopo delle zone di tranquillità è prevenire un eccessivo disturbo della fauna selvatica a fronte della crescente utilizzazione del territorio per le attività del tempo libero”, si legge sul sito della Confederazione, si tratta, infatti, di uno strumento atto a intervenire laddove si manifestano evidenti conflitti, a nostro parere non manifesti nelle zone citate ma piuttosto nelle loro aree limitrofe, come la regione dell’Alpe Cadonigo o dell’Alpe Bovarina, località maggiormente visitate dove volentieri rombano anche le motoslitte.

Il piano limita anche l’accesso ad alcune zone di arrampicata allo scopo di favorire le specie protette che vi nidificano o vi potrebbero nidificare. “Durante la stesura del piano siamo stati consultati quali esponenti di questo gruppo di interesse”, afferma Marco Pagani maestro di arrampicata e guardia della natura, “ma nessuna delle nostre osservazioni è stata considerata. Sarebbe la prima volta in svizzera che le zone di tranquillità vengono estese alle pareti di roccia, per questo, a nostro avviso, la questione va attentamente ponderata. Se queste disposizioni entreranno in vigore sarà determinante un monitoraggio per appurarne l’effettiva efficacia. La presenza di nidificatori in parete in luoghi in cui si pratica da numerosi decenni, infatti, lascia supporre che arrampicata e avifauna possano convivere”. Le disposizioni che regolano l’arrampicata ricalcano quelle presenti nella Guida d’arrampicata Ticino e Moesano di Glauco Cugini. “Infatti, e le indicazioni vengano rispettate senza la necessità di introdurre veri e propri divieti e relative sanzioni (sull’ammontare delle quali regna assoluto riserbo), come mi è stato confermato anche dagli addetti ai lavori. –questo dimostra che invece di adottare provvedimenti vincolanti, si potrebbero delimitare zone non vincolanti, come già succede in altri cantoni”, ci spiega Thomas Arn monitore di arrampicata.

“Credo che i Ticinesi si stiano confrontando oggi con una necessità che nel resto del paese si è già delineata da un po’: quella di difendere la libertà di movimento in montagna. Con il Club Alpino Svizzero siamo da tempo attivi su questo fronte e convinti che sport di montagna e natura possono convivere armoniosamente. A nostro parere la natura e lo spazio alpino vanno assolutamente protetti ma con interventi mirati che vanno a contenere le vere cause di degrado diminuendo le emissioni inquinanti, promuovendo una mobilità a basso impatto ambientale, praticando un’efficace e parsimoniosa edificazione del territorio e favorendo le attività del tempo libero a basso impatto ambientale. Tra queste colloco l’escursionismo estivo e invernale. Voglio dunque ricordare ai Ticinesi che l’adozione di zone di tranquillità è facoltativa e, infatti, non tutti i cantoni le hanno introdotte. Il decreto in consultazione non mi appare tragico per i praticanti di sport di montagna, ma nemmeno utile e ponderato per quanto riguarda la protezione della natura. Si tratterebbe inoltre di un primo passo verso una direzione che preoccupa il CAS”.

Il gruppo Guide Alpine Ticino non prende al momento posizione: “Non siamo stati informati del progetto né in fase di elaborazione né di consultazione. Esercitando la nostra attività professionale nelle aree coinvolte dal decreto crediamo di poter contribuire alla sua messa in atto. L’inventario delle zone di tranquillità ticinese è nuovo per noi e introduce anche nuovi elementi a livello svizzero, per questo crediamo vada attentamente valutato. Per fare questo non ci bastano i due mesi previsti per l’attuale consultazione che cade, oltretutto, sotto le festività. Per il momento ci limitiamo dunque a richiedere una proroga”.

Un simile richiesta è stata inoltrata al Consiglio di Stato anche dalla Federazione Alpinistica Ticinese: “Contiamo sedici sezioni e oltre settemila soci; necessitiamo di più tempo per valutare tutti gli aspetti del progetto e giungere a delle conclusioni in merito”, afferma il presidente Giorgio Matasci.

 

La lettera del Cantone